Ha già scritto il suo nome tra le leggi storiche in virtù della sua unicità: stiamo parlando del Decreto Dignità, pacchetto di normative approvato lo scorso agosto in Senato e convertito in legge, l’unica al mondo che attualmente vieta in toto la pubblicità e le sponsorizzazioni per il gioco d’azzardo.
Un provvedimento netto, senza vie d’uscita, che dichiara battaglia al disturbo da gioco d’azzardo che affligge sempre più persone, compreso moltissimi giovani. La legge è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle nella persona di Luigi Di Maio, vicepremier, ministro dello sviluppo economico e leader politico del movimento.
Gli occhi del mondo sono ora puntati sullo Stivale per carpire i possibili effetti a lungo termine di quello che è stato definito “total ban”, blocco totale. Guardano con curiosità e speranza i tanti detrattori del gioco, dal clero alle associazioni di consumo, sempre all’erta sui danni che il gioco reca ai bilanci familiari. Guardano con occhio critico esperti e addetti ai lavori che continuano a spingere su un concetto chiave per invitare il Governo a un riflessione meno “emotiva”: la pubblicità non invoglia solo a giocare ma aiuta a distinguere il gambling legale da quello illecito, in sua assenza il livelli di quest’ultimo sono destinati a crescere.
A settembre si è tenuta a Copenhagen una conferenza organizzata dalla Iagr, l’Associazione Internazionale dei Regolatori di Gioco, dove tra i vari tavoli di dibattito si è tenuto anche un panel sul caso italiano e del relativo articolo 9 del DL Dignità (quello sul ban pubblicitario, appunto). Trude Felde, senior advisor della Norvegian Gaming and Foundation Authority, nonché moderatrice del dibattito, ha aperto il tavolo definendo il provvedimento uno dei temi di maggiore interesse in questo momento per l’industria globale del gaming, non nascondendo i timori legati alle sue potenziali ripercussioni.
Apre una panoramica sull’italica situazione l’avvocato Valerie Peano legale di Egla – European Gambling Lawyers & Advisors – che comincia dalle leggi che precedevano il decreto: il decreto Balduzzi del 2012 e la legge di Stabilità del 2016. Trattasi di norme che già avevano una funzione regolatrice verso la pubblicità, ma sono state ignorate dal legislatore alla stregua della Raccomandazione della Commissione Europea del 2014 che in pratica sottolineava l’istanza comune a tutti gli impiegati del settore: l’utilità della pubblicità nella promozione del solo gioco legale e sicuro.
In realtà si può dire che in questo caso il legislatore abbia fatto tabula rasa invece che ignorare qualcosa. Su questo l’avvocato Peano ha aggiunto che una tale norma non potrà che avere un sicuro impatto sull’industria di settore riportando, a tal proposito, l’esempio dell’imminente rinnovo delle licenze per gli operatori e l’ingresso di ulteriori player che si troveranno in un nuovo mercato senza possibilità di distinguersi col marketing dalle altre aziende, e soprattutto dalle aziende legali.
A vedere com’è stata pensata la legge verrebbe da pensare che in realtà questo sia uno degli “effetti collaterali” desiderati: limitare l’ingresso di nuovi operatori significa anche limitare la parte di flusso di gioco che si svilupperebbe sui loro palinsesti. Sarebbe una scorrettezza in termini di libertà economica, ma togliere la pubblicità vuol dire proprio limitare la nascita di nuovi giocatori (quelli che scommettono già non hanno bisogno di altre reclame per farlo) e quindi nel tempo abbassare anche i livelli di flusso di gioco.
Non è cosa da poco: nel 2017 gli italiani hanno speso quasi 100 miliardi di euro tra slot, videolottery, gratta e vinci, biglietti della lotteria, bingo, scommesse sportive online e offline, ippica, videolottery, casinò, casinò online, poker… L’equivalente di più di tre leggi finanziarie. Si è arrivati a questo risultato in virtù di un’offerta oggettivamente molto ricca: a crescere è soprattutto la proposta online spinta dalle ormai diffusissime app per scommesse e giochi, disponibili, in alcuni casi, persino per smartwatch. Ma quanto del merito di questo straordinario successo va alla pubblicità?
Una risposta arriva da Piet van Baeveghem, manager della Lotteria nazionale belga che ha parlato di diminuzione del numero degli operatori sul mercato per andare a limitare anche l’investimento dei giocatori (quindi anche il gioco illegale), aggiungendo che l’articolo 9 del DL pentastellato sembra drastico e probabilmente eccessivo. Proprio il Belgio sta procedendo ad una nuova legiferazione in merito al gioco d’azzardo: ai casinò game online sarà concessa solo pubblicità sul proprio sito e tramite direct marketing, gli spot per le scommesse sportive online invece non potranno andare in onda durante eventi sportivi, programmi per minori e comunque non prima delle 20.
A guardare lo svolgimento degli eventi nel nostro paese c’è anche la Gran Bretagna, il tempio del betting europeo con un mercato molto più esteso di quello italiano. Recentemente la Gambling Commission ha segnalato un problema tra i sudditi della regina: tra i giovani dilaga l’abitudine del gioco d’azzardo e per molti si è già ad un livello patologico. L’opinione pubblica è insorta, al centro della polemica ci sono finiti quegli operatori che finanziano versioni “free” dei normali giochi a pagamento che fidelizzerebbero inconsciamente i giovani spingendoli a rischiare anche con una posta in palio. Anche questi movimenti di protesta guarderanno con molta attenzione a ciò che avverrà nei prossimi tempi in Italia, con il rischio (o il vantaggio, a seconda dei punti di vista) di creare una vera e propria reazione a catena.